If This Is A Man / Survival In Auschwitz 
(Primo Levi)
  
Siamo nei terribili anni della Seconda Guerra Mondiale. Primo Levi era   un chimico di Torino d?origine ebree e si alleò con i partigiani della Valle   d'Aosta per combattere il fascismo di Mussolini; Primo Levi scrisse il libro   "Se questo è un uomo" a Torino dopo essere tornato da Auschwitz. Fu   catturato dalla Milizia Fascista il 13 dicembre 1943. Aveva 24 anni, era ebreo   e da quattro anni viveva soggetto alle leggi razziali italiane. Come ebreo fu   catturato e inviato a Fossoli, presso Modena, dove in un vasto campo andava   raccogliendo le persone non gradite al governo fascista. Quando arrivò, gli   ebrei erano 150 circa, ma in poche settimane raggiunsero il numero di 600. Si   trattava di intere famiglie giunte lì per diversi motivi: alcune erano state   catturate dai tedeschi, altre si erano consegnate spontaneamente per non andare   contro la legge, per non abbandonare amici... Il 20 febbraio alcune ss   ispezionarono il campo e il giorno seguente Levi seppe che l'indomani tutti gli   ebrei sarebbero partiti per Auschwitz: allora un nome privo di significato. Il   viaggio fu lungo e molto faticoso, il treno viaggiava lentamente, con lunghe   soste snervanti; tutti soffrirono la fame, la sete, l'insonnia e la fatica.   Arrivati a destinazione scesero coi bagagli e dopo aver risposto ad alcune   domande da parte dei tedeschi furono divisi: donne e uomini, vecchi e giovani,   sani, malati, madri e figli. Levi fu assegnato al gruppo degli uomini validi   per lavorare nel Reich e da quella notte non rivide più donne, bambini e   anziani.  Dopo un po' di tempo fu   trasferito in un campo nuovo sul cui portone d?ingresso si leggeva "il   lavoro rende liberi".   Primo Levi ed alcuni compagni furono condotti in una camera vasta e umida, si   dovettero spogliare, fare un fagotto con le loro vesti e consegnarle ad un SS;   in seguito vennero rasati e dovettero indossare pantaloni e camicia a righe.    Ad un certo punto videro un deportato che parlava l'italiano, tutti gli fecero   delle domande e lui spiegò loro che si trovavano a Monowitz, vicino ad   Auschwitz, in un campo da lavoro in cui tutti i prigionieri lavoravano in una   fabbrica di gomma chiamata Buna. Dopo aver fatto la doccia ed essere stati   disinfestati furono tatuati sul braccio sinistro con un numero personale. Levi   era il 174517. Poco per volta l?autore capì di trovarsi in una specie d'inferno   e scoprì che il campo era diviso in 60 baracche di legno chiamate Block di cui   10 in costruzione, in più in alcuni blocks erano riservati a scopi particolari,   come le docce, l'infermeria, le cucine, le camere a gas e i forni   crematori.  I comuni blocks di abitazione   erano divisi in due stanze: in una viveva il capo baracca e nell'altra c'era il   dormitorio con 148 cuccette a tre piani divise da tre corridoi, queste erano   composte da una tavola di legno, da un sacco di paglia e da due coperte   ciascuna. Gli ospiti nel campo erano divisi in tre categorie: i criminali, che   oltre al numero portavano un triangolo verde; i politici con un triangolino   rosso e gli ebrei con la stella ebraica, rossa e gialla. Levi imparò presto a   sbrogliarsi e a cercare di ottenere il massimo da tutte le situazioni. Il   lavoro era un insieme di leggi, problemi e difficoltà.   I prigionieri erano divisi in 200 Kommandos, ciascuno con un compito ben   preciso. Il lavoro era molto duro, solitamente si trattava di trasportare   materiali molto pesanti.   L?orario variava in base alle stagioni. La vita nel campo era dunque questa:   uscire, rientrare, lavorare, dormire, mangiare, ammalarsi, guarire o morire. E   tutto questo fino a quando? Questa era la domanda che si facevano tutti i   poveri ebrei ed internati.   Dopo alcuni giorni di trasferimenti Levi fu assegnato al block numero 30; tutte   le mattine si alzava, correva al lavatoio che era sempre molto affollato,   mangiava la sua misera razione di pane e andava al lavoro. Un pomeriggio, però,   mentre trasportava un pezzo di ghisa ebbe un incidente e si tagliò ide   sinistro. La ferita non era grave, ma comunque andò in infermeria, ka-be; qui   venne visitato numerose volte e dopo venti giorni circa fu dimesso. Lui avrebbe   preferito stare di più in ka-be perchè non si doveva lavorare, si mangiava   abbastanza bene e non faceva freddo. Fece molte conoscenze, l'autore racconta   nel libro in particolare di quattro persone che, grazie alle loro capacità,   riuscirono a scappare dalle atrocità tedesche. Il kommando 98 avrebbe dovuto   essere un reparto per specialisti: chimici. Quando questo fu costruito e aperto   una SS annunciò la mancanza di chimici ben preparati. Primo Levi era uno di   questi quindi diede un esame per tentare di salvarsi diventando uno   specialista.   Nell?ottobre 1944 ci furono le selezioni: i sani al lavoro e i deboli e malati   nelle camere a gas; l?autore riuscì a salvarsi e, nel novembre con il suo amico   Alberto, ed altri 16, iniziarono a svolgere un nuovo lavoro con la finilbeta.   Arrivarono tre addetti ai laboratori chimici, ed egli fu uno di questi. Il   laboratorio era simile quello vecchio in cui aveva lavorato: pulito,   riscaldato, comodo, con tre lunghi banconi e numerosi oggetti utili per gli   esperimenti. L' 11 gennaio 1945 lo scrittore si ammalò per scarlattina e fu   ricoverato per la seconda volta in ka-be; i russi erano ormai vicini, il campo   venne evacuato e il 18 gennaio 1945 i sani partirono per essere internati in   altri campi. Tutti i moribondi morirono nel giro di poco tempo. Levi ed altri   ammalati riuscirono a sopravvivere, perché trovarono cibo e oggetti utili tra   le macerie del campo e le scatole che i nazisti avevano lasciato. Nella loro   baracca erano in 11 e proprio mentre Levi e Charles, un suo compagno,   trasportavano il primo cadavere del gruppo videro arrivare a cavallo quattro   russi, i loro liberatori.  
 
  
 
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