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Pensar, Pensar Y Pensar - Scritti E Interviste
(José Saramago)

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Il Nobel portoghese è quasi un teorico del gioco delle maschere. La sua fantasia galoppa sfrenata, ma sempre tenuta sulla pista logica dalle briglie della filosofia, del pensiero.
Secondo Saramago, non esiste una verità assoluta; la verità transla di èra in èra, forse addirittura di giorno in giorno. La domanda che lui si pone non è: "Chi siamo?" o "Da dove veniamo?", ma: "A che serve l'essere umano?" O, meglio: "Che facciamo qui?"
La felicità così come l'infelicità, le vittorie così come le sconfitte, non durano in eterno. Ogni cosa è transuente, provvisoria. Per Saramago l'unica cosa per la quale la vita vale di essere vissuta è il pensiero, la continua, irriducibile ricerca che nessuno ha il potere - o il diritto - di distruggere.
"Il XXI secolo non è niente, è un orologio che si muove, come sempre."
In questo libro l'autore parla del suo Saggio sulle lucidità (il suo romanzo più politico) e spiega di ammirare grandemente Gesù e San Francesco pur dichiarandosi ateo (il suo Vangelo secondo Gesù Cristo fu dichiarato dalla Chiesa opera blasfema). Indica in Kafka, Pessoa e Borges i punti fermi della letteratura del secolo scorso, e la scrittura è ovviamente al centro di molte sue riflessioni. Tuttavia, come tutti gli uomini che possiedono un universo ampio, così il suo non si riduce al piccolo mondo della letteratura, delle complicità, dei diversi sistemi. José Saramago è un uomo che assorbe quello che succede fuori; ovviamente, lo fa con un tipo di linguaggio che non tutti possiedono. Si definisce comunista "malgrado il Gulag, le epurazioni e le collettivizzazioni forzate. Ho lo stesso diritto di un cattolico che, malgrado l'Inquisizione, continua a dire di essere cattolico".
Il piccolo tomo ci presenta inoltre i suoi discorsi per la pace in Iraq e si conclude con un messaggio per lo scrittore da parte del Subcomandante Marcos (A: José Saramago, Pianeta Terra. Da: Subcomandante Marcos, Montagne del Sudest Messicano).
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"Alcuni anni fa ho scritto un Saggio che si chiama La statua e la pietra. Più o meno dicevo che come romanziere stavo descrivendo una statua. Uno non ci pensa, ma una statua è la superficie della pietra. Ciò che chiamiamo statua è la superficie della pietra dopo che lo scultore ci ha lavorato sopra. Ma la pietra continua ad essere pietra al di là della superficie e, nel fondo, sotto la superficie, la pietra non sa di essere statua. Prima con Cecità e poi con Tutti gli uomini, La caverna, L'uomo duplicato, Saggio sulla lucidità fino a Le intermittenze della morte, la mia ossessione è stata approfondire al massimo il significato di essere un essere umano."

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