Let It Be
(Paolo Grugni)
Let it Be è il primo romanzo di Paolo Grugni, giornalista milanese. Una lietissima sorpresa ? sotto i panni del thriller incentrato su serial killer e loro cattura la sostanza è quella di una scrittura di altissima qualità. La trama si svolge intorno alle indagini di Tommaso Matera, insegnante ed esperto di semiologia che si trova a collaborare con la polizia per fermare due serial killer. La prima parte, ambientata a Milano, lo vede risolvere il caso del Frantumaossa; nella seconda, il cui svolgimento è speculare alla prima, l'azione si sposta a Volate, immaginario paese della Brianza, dove Matera si trova nel mirino di un altro assassino che lascia come traccia alcuni testi dei Beatles. Punto di forza dell'opera è senza dubbio la ricerca stilistica. La scrittura è intensa, concentrata, e si segnala per la bellezza e l'originalità di immagini e metafore, di cui le pagine sono disseminate. L'autore sembra averne una appropriata per tutto. Per l'innamoramento: alzai lo sguardo e fu come aver vinto alla lotteria senza saper cosa fare di tutti quei soldi. Per la vita: non avevo fretta mentre mi domandavo chi sono dentro questo involucro di pelle che si sfoglia in lamine necrotiche. Guardando nello specchio dei ricordi non c'è che una risposta, sono un volto che attraversa le età della vita rimanendo fedele al ruolo che mi è stato assegnato, vita che impantano dentro l'inadeguatezza delle mie metafore. La vita va verso la sua fine, la morte. E se la vita è un count-down, la vita va indietro. Per i fenomeni atmosferici: la prima neve cadde quel pomeriggio, allegra come un sorriso forzato. La luce aveva il profumo dei giorni migliori , mentre le nuvole voltavano pagina ai colori . Particolarmente degne di nota le descrizioni impressionistiche e veloci di ambienti e personaggi, delineati con pochi caratteri dal punto di vista del narratore: la discoteca mi apparve come la Cappella Sistina vista da Lucifero, centinaia di uomini e donne si muovevano in una solitudine immensa, quella in cui si cerca qualcuno senza sapere chi . Ci sedemmo sui gradini del Duomo, la gente camminava veloce verso casa, cibo caldo e un film in cassetta, verso una linea di metropolitana, verso il prossimo amore e il prossimo dolore, se c'è una differenza la devo ancora cogliere . Si chiamava Caterina, sessant'anni e voglia di vivere in prepensionamento, non avesse indossato camice e zoccoli l'avrei presa per una paziente in astinenza da fleboclisi. Tocchi di classe che confondono (in positivo) il passo della lettura ? la spinta alla velocità data dai periodi brevi cadenzati dalle virgole, dai capitoli lunghi poche pagine e dalla curiosità di arrivare allo scioglimento della vicenda si contrappone al bisogno di rallentare per paura di non apprezzare pienamente la bellezza dello stile. Una scrittura così bella porta senza grossa difficoltà un abito già ampiamente visto in giro: la storia di serial killer e relativi cacciatori, che rischia di produrre situazioni già viste. Anzi, Grugni gioca con una certa ironia con gli stereotipi del thriller (Matera non è il classico detective che utilizza strumenti scientifici, ma un umanista il cui campo d'indagine sono le parole e il loro significato, che non risulta mai essere univoco e può portare a errori d'interpretazione) e anche del cinema horror e della narrativa gotica (il tema della casa stregata).
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