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Una Donna
(Sibilla Aleramo)

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La storia narrata è tanto tragica quanto tipica per l?epoca a cavallo tra l'Ottocento e il primo Novecento... e purtroppo anche oltre. La famiglia d?origine di Sibilla è borghese: un padre intraprendente e originale ma autoritario, e una madre sottomessa e mesta, dai nervi fragili, figura scialba rispetto all?esuberante consorte.
L?autrice-bambina è sveglia, intelligente, sensibile, è la figlia maggiore di quattro, è la prediletta del genitore, figura inizialmente idealizzata e mitizzata, probabilmente in linea col complesso edipico tipico dell?età.
Quando Sibilla ha dodici anni, il padre decide di trasferirsi da Milano in una cittadina del Mezzogiorno, dove è stato incaricato della direzione di un?industria chimica. Gli amati studi vengono interrotti, Sibilla lavora come impiegata nella fabbrica paterna, le piace essere indipendente e il più possibile libera, cresce il suo senso d?isolamento morale rispetto alla famiglia e soprattutto rispetto agli abitanti del paese di mentalità ipocrita, gretta, ignorante. La giovane percepisce sempre più una mancanza d?armonia e di accordo tra i suoi genitori, la madre scivola inesorabilmente verso la depressione fino a tentare il suicidio, il marito la tradisce. I loro rapporti si faranno sempre più freddi, finché lo squilibrio mentale materno diverrà così grave da richiedere l?internamento in manicomio. Frattanto Sibilla cresce, a quindici anni conosce un dipendente del padre venticinquenne che la circuisce e poi la violenta. A poco più di sedici anni lo sposerà senza aver fatto parola con nessuno della violenza subita e si apriranno per lei le porte di una sorta di carcere, nel quale trascorrerà dieci anni della sua vita. Diverrà madre a diciassette anni, incatenata ? solo per amore del bambino ? a un uomo violento e ignorante. Crollata definitivamente la forte figura paterna di riferimento ? il genitore continua a tradire la moglie, è dispotico e tirannico con gli operai ? Sibilla cerca invano un equilibrio e una realizzazione, per lei impossibile, nel solo ruolo di moglie e madre. Tenterà anche il suicidio.
L?autobiografia qui diviene anche racconto di formazione e maturazione: a poco a poco, con fasi alterne e non poco dolore, la protagonista perviene, nell?arco di dieci anni, alla decisione definitiva di lasciare la famiglia ? soprattutto l?adorato figlio ? per seguire la sua vocazione umana e letteraria ed essere il più possibile una donna libera e indipendente. L?abbandono del tetto coniugale, per legge, le fa perdere anche i diritti sul bambino e perciò il distacco diviene tanto più lacerante e drammatico, quanto necessario.
La vicenda narrata dalla Aleramo costituisce una testimonianza notevolissima sulla condizione della donna nell'Italia appena unificata, rivela le vessazioni, le violenze, le intimidazioni e i pregiudizi cui erano sottoposte le donne: prive di autonomia e indipendenza, sottomesse, erano obbligate a ruoli prefissati dai quali non potevano liberarsi se non con gravi difficoltà. Il testo non indulge però a commiserazioni o pietismi, ma afferma e descrive molto coraggiosamente la realtà, cercando poi possibili soluzioni, che coinvolgano tanto le donne ? spesso responsabili della propria sottomissione e a causa dell?inerzia con la quale si lasciano vivere ? quanto gli uomini, invitati ad aprire gli occhi e a cambiare mentalità.



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