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La Regina Cantava Rancheras
(Hernàn Rivera Latelier)

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La regina cantava rancheras
Di Hernàn Rivera Latelier

Luis Sepulveda definisce Hernàn Rivera Latelier un narratore viscerale: è una definizione azzeccata, quantunque il lettore, leggendolo, subisca l?inevitabile tentazione di situarlo un poco più giù, più o meno all?altezza dei testicoli. Si tratta comunque di un narratore formidabile, di storie che riguardano un?umanità emarginata, che vive e opera nelle miniere di salnitro disseminate nel deserto di Atacama, nel nord del Cile, l?angolo di mondo più pestifero e desolato che si possa immaginare.
Dal momento che l?autore, in questa pampa bianca e bruciata dal sole, ha trascorso l?intera sua vita, parla dei luoghi e della gente che ci vive con tutto l?amore e la conoscenza che sono frutto di una partecipazione diretta agli eventi narrati, eventi che si riferiscono a un preciso periodo storico, quello a cavallo del golpe di Pinochet, ma che potrebbero situarsi in un momento qualsiasi del secolo ventesimo, perché la vita dei minatori delle salnitriere non ha subito variazioni da tempi immemorabili.
La storia narrata prende spunto dalla morte di una vecchia prostituta, la Regina Isabel, appassionata cultrice di musica ?ranchera? (il country messicano), che ha passato tutta la sua vita da una miniera all?altra, puttana per vocazione, offrendosi ai minatori, in particolare agli scapoli, come unica alternativa al vino e alla birra. In realtà, è la storia di una di queste miniere, detta ?lo Stabilimento?, forse l?ultima, prima della chiusura totale delle salnitriere nella pampa cilena.
La morte della Regina Isabel è il pretesto per raccontare gli ultimi anni di vita dello Stabilimento e per farci conoscere un?umanità pittoresca, quasi senza tempo, fatta di vecchi minatori silicotici e di puttane, attive soprattutto nei giorni di paga, ma pronte anche a fornire prestazioni a credito. Personaggi strampalati, un po? fuori di testa, immersi nella magia del deserto, imbiancati dalla polvere di salnitro, vaganti in agglomerati urbani fatti di case di latta, di stanzette tutte uguali, con suppellettili di fortuna e foto di altri mondi appese alle pareti, agglomerati la cui sorte inevitabile è quella di trasformarsi in villaggi fantasma a ogni chiusura di miniera susseguente all?esaurimento della cava a cielo aperto, maschere che parlano una lingua mista, sboccata e a suo modo colta, una sorta di barocco linguistico che mescola la ?grosseria? della lingua parlata con il forbito castigliano ?hidalgo?.
Come spesso accade nella letteratura latinoamericana, Dio è un personaggio tanto scomodo quanto latitante, e la religione, pur presente, si materializza solo quando deve fornire ritualità formali. Guai al parroco, quindi, allorché nega la funzione funebre nella chiesa del paese alla Regina Isabel perché la ritiene indegna di riposare in terra consacrata! Alle altre prostitute dello Stabilimento non resta che occupare la chiesa e imporre al ministro tanto ottuso e intransigente la loro volontà: come negare alla gentile, delicata e generosa Regina Isabel, che tanto bene ha dispensato nella vita, una sepoltura cristiana?
In conclusione, nel panorama letterario sudamericano Hernàn Rivera Latelier ha un posto di rilievo assoluto, anche se non ha la fama dei Marquez, dei Vargas Llosa etc, e rappresenta un caso quasi unico, per essere un autodidatta che ha trascorso parte della sua esistenza in una sorta di esilio, lontano dal mondo civile e dai centri di cultura ufficiali. Ed è unico anche perché non si distingue dai suoi personaggi, ne è parte integrante, è uno di loro, si esprime come loro, ama le stesse cose e fa nascere poesia da un mondo che si manifesta attraverso condizioni estreme: proprio come il deserto in cui vive, in grado di far sbocciare, a volte, fiori di una bellezza incomparabile.



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