Cent'anni Di Solitudine
(Gabriel Garcia Marquez)
Cent' anni di solitudine di Gabriel Garcia Marquez è un faro della letteratura mondiale. Spesso mal compreso, ci conduce da un'epoca all'altra, da un angolo all'altro della terra, da un personaggio mitico all'altro. Il lessico, la grammatica usata dall'autore, così come il suo stile molto umoristico sono alla base di un libro gigantesco, un monumento da leggere e ammirare più per il modo in cui dispone delle parole che per l'essenza stessa di una storia favolosa. Ciò che mi resta di questa lettura è un poema esotico, insieme ad una fatalità che il destino avrebbe dovuto assegnare ad un uomo. Cent'anni sono sufficienti perché un uomo possa sapere tutto? Cosa sono cento anni di fronte all'eternità del cosmo? Forse tutto! Forse niente! Ed è lì che agisce la morte, poichè non possiamo vivere senza adorare qualcosa nella vita, abbiamo bisogno di guadagnare denaro, solo il pazzo sarebbe così idiota da dire a se stesso che spenderà la propria vita per diventare un erudito ed escludere così tutto ciò che è materiale. Il libro è pervaso dal mistero sul personaggio di Aureliano Buendia. Lui è invidiato, desiderato, abbattuto per quello che di più prezioso egli è nella vita: un Genio. Dirò di più: l'autore vuole che immaginiamo la storia tra le righe, che facciamo luce da soli, come fosse un dilemma vivente, sul caso di un uomo troppo atipico per il resto dell'umanità, un uomo che non si riesce a comprendere poiché la sola e unica soluzione ai cent' anni di solitudine è quella di non viverli. Bisogna morire finchè si è ancora giovani. Pensando che bella storia! Che bella favola! Che benedizione avrà ricevuto un uomo che ha trovato il Signore prima di morire!
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