Shakespeare E I Martiri Del Potere
(William Shakespeare)
In Shakespeare il potere viene descritto come un ingranaggio che distrugge colui che non lo sa gestire. Tra i molti testi che trattano di questo tema cinque di questi possono essere letti come testi esemplari del rapporto distruttivo tra l'uomo e il potere, ma anche tra l'uomo di potere e il resto dell'umanità. Questi testi sono: "Coriolano", "Amleto", "Riccardo III", "Re Lear" e "Tito Andronico". Ognuna di queste tragedie fa parte di un genere diverso, se infatti "Coriolano" fa parte delle tragedie d'ambito romano, insieme a "Giulio Cesare" e "Antonio e Cleopatra", "Riccardo III" è una delle chronicle plays sui reali inglesi. Le tragedie di Amleto e re Lear sono invece accomunate dal dramma degli affetti, dalla lotta tra il potere e la dissoluzione dei rapporti familiari dei due protagonisti. "Tito Andronico" è l'apoteosi della tragedia sanguinaria, oggi si direbbe "pulp", d'impronta senechiana, la tragedia della vendetta, la punizione del potere verso chi lo detiene. In queste cinque tragedie il potere non è soltanto oggetto di disputa ma anche, e soprattutto, un soggetto agente che stravolge i rapporti umani. Coriolano dall'alto della sua aristocrazia deride il nobile Senato romano che apre le sue porte alla scalata sociale delle classi subalterne. Coriolano non recepisce e si contrappone a questo nuovo aspetto della società romana, l'aristrocratico Coriolano diffida della democrazia repubblicana, la combatte e quindi il potere lo punisce. Coriolano, generale dell'esercito romano e salvatore della patria, si rifiuta di condurre le legioni della nuova Roma in battaglia e viene esiliato ed è questa per lui la maggiore condanna. Riccardo III è la storia della conquista del potere ad ogni costo. Riccardo è cinico e sanguinario, fa il vuoto attorno a se' ma ha bisogno di sposare la regina moglie di suo fratello, da lui stesso ucciso, per diventare nuovo re d'Inghilterra. Il suo amore per il potere a tutti i costi lo isola dal mondo e distorce completamente la sua percezione della realtà circostante e il potere come entità lo distrugge e gli danna l'anima. In Amleto la conquista del potere, mai espressa in maniera palese, passa attraverso la distruzione psicologica dei protagonisti della tragedia. L'erede al trono il principe Amleto attacca e cerca di deligittimare il reggente suo zio e la regina madre con una sequenza di apparizioni, accuse d'incesto, veleni e duelli sanguinosi che culminano in quello del finale del quinto atto. Nella tragedia del principe di Danimarca il potere stritola chi lo ama ma anche chi lo fugge. Chi invece s'allontana volontariamente dal potere per lasciarlo in mano altrui viene egualmente punito poichè il potere non accetta rifiuti volontari; re Lear si rende conto del suo errore troppo tardi e viene schiacciato dalla vendetta del potere; infine impazzisce come Amleto e Riccardo III. Ma colui che subisce la peggiore vendetta del potere è Tito Andronico. Il suo errore è la clemenza e la condivisione del potere. La vendetta del potere s'accanisce sulla sua famiglia in particolare la figlia che viene stuprata e mutilata sul palcoscenico in barba ai precetti aristotelici che proibiscono l'inserimento scene sanguinarie. Il potere, come l'amore, ha bisogno di un rapporto esclusivo con colui che lo gestisce, la mala gestione o il rifiuto del potere comporta sempre, in Shakespeare, una tragica soluzione.
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